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Benvenuti a tutti. Ciao bambini. Sono la maestra Rosaria. Sorpresi? Anche se in ritardo ho mantenuto la promessa ed ora eccomi qua, su questo blog, dove passeremo un po' di tempo insieme. Saluto anche tutti i bambini e le colleghe che non conosco, sperando che vorranno condividere con noi esperienze, emozioni, sentimenti, sensazioni, idee.
Allora pronti? Salite tutti a bordo e ripercorriamo insieme le tappe più significative del nostro percorso.

lunedì 12 dicembre 2011

Il dono dell'Amore... "in azione"


LA  MIA VITA PER I POVERI

Madre Teresa di Calcutta, nome d’infanzia Agnese Gonxha Bojaxhiu, ha donato tutta se stessa per aiutare i più poveri tra i poveri. Ha ricevuto innumerevoli premi e riconoscimenti internazionali, tra cui il premio Nobel per la pace il 10 dicembre 1979.

In un’intervista Madre Teresa accettò di raccontare qualcosa di sé e del suo lavoro tra i poveri.

Qual è la sua lingua madre?
L’albanese, ma mi esprimo bene anche in bengali, la lingua della regio­ne di Calcutta, e in inglese.

E si sente indiana o albanese?
Mi sento entrambe le cose e anche tutto il resto. Amo ogni Paese e ogni essere umano.

Quando ha fondato la sua associa­zione, immaginava che essa si sarebbe diffusa in tutto il mondo?
Certo che no!  Ma oggi siamo presen­ti in 126 Paesi. Le nostre case, che chiamiamo “tabernacoli”, ospitano 24600 suore. E tutto per il servizio dei più poveri tra i poveri. Stiamo dalla parte di chi non ha nulla: dalla parte dei figli di Dio.

Quali sono le motivazioni del suo lavoro tra i poveri?
Gesù ha parlato chiaro nel Vangelo: “Tutto quello che fai a me, fallo ai miei fratelli”. E ancora: Vieni, benedetto del Padre mio, siedi nei posto preparato per te, perché avevo fame e mi hai dato da mangiare, avevo sete e mi hai dato da bere, ero nudo e mi hai vestito, ero carcerato e malato e mi hai visitato”. Noi cerchiamo di mettere in pratica queste parole. Siamo stati creati da Dio per amare ed essere amati.

Prevede nuovi campi d’impegno per l’associazione?
Nulla di più di quanto già facciamo. Raccogliamo i moribondi e i lebbrosi per strada, li curiamo e li assistiamo fino alla morte. Quando sono da noi, sanno di essere a casa loro, con la propria famiglia.

I critici dicono che il vostro lavoro caritativo è un mezzo per non risolvere il problema della povertà. Come si difende da questo appunto?
Come posso agire se non tenendo presente l’uomo?  Quando qualcuno muore per strada, lo dovrei ignorare? Quando vedo un affamato o uno straccio­ dovrei tirare dritto? Credo che nessun essere umano si comporterebbe così! Ci sono altre realtà e istituzioni impegnate sul versante del cambiamento sociale. Io non ho altro da fare. Il cammino che ho scelto è chiaro. C’è un moribondo? Lo prendo con me. Trovo qualcuno che ha fame? Gli do da man­giare. Posso dare e ricevere amore. Non guardo al colore della pelle e nemmeno alla religione. Non guardo un bel nulla. Ognuno è mio fratello, che sia indù, musulmano e buddista. Questa è la nostra missione.

                           

"L' amore non vive di parole, né può essere spiegato a parole"
L'amore vuole azione!

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